plantago major
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Piantaggine

Plantago major L.
Numero di osservazioni umane nel mondo di nel 2023. Credits: GBIF | OpenStreetMap.

Nome scientifico

Plantago major L.

Nome comune

Piantaggine; Piantaggine maggiore; Cinquenervia

Parti usate

Foglie (Plantaginis majoris folium)

Fitochimica

Plantago major L. è ricca di costituenti fitochimici, tra cui carboidrati, nello specifico monosaccaridi come glucosio e fruttosio, disaccaridi come il saccarosio e trisaccaridi, tra cui il planteosio, oltre a polisaccaridi che formano mucillagini. Tra gli alcaloidi e glicosidi iridoidi importante è l'aucubina. La piantaggine è inoltre ricca di flavonoidi e acidi triterpenici come l'acido oleanolico e l'acido ursolico, e il feniletanoide glicoside acteoside [23]. Arricchiscono il profilo fitochimico i derivati dell'acido caffeico, una vasta gamma di acidi organici e vitamine, tra cui l'acido ascorbico e i carotenoidi [3].

Botanica

La piantaggine è una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Plantaginaceae. Il genere plantago a cui appartiene conta oltre 300 specie.
P. major è una pianta largamente diffusa, che cresce spontaneamente in particolare in Europa, America e Asia [1]. La ricerca sui pollini ha dimostrato che fu introdotta nei paesi nordici parallelamente all’introduzione dei primi campi coltivati primitivi nell’età della pietra, quasi 4000 anni fa [2].

La pianta è caratterizzata da un rizoma corto da cui originano numerose radici capillari. Tipicamente, mostra uno o più steli fioriferi che possono essere eretti o ascendenti. L’altezza varia dai 10 ai 60 cm [15].
Le foglie, radicate esclusivamente alla base, creano una rosetta aderente al terreno e sono disposte a spirale. Hanno una forma che varia da ovale a ellittica (volgarmente a cucchiaio), estendendosi e assottigliandosi verso il picciolo che avvolge il rizoma nel punto di attacco. Possono raggiungere anche un diametro di 30 cm, solitamente di larghezza 3-8 cm e lunghezza 4-12 cm.
Il lembo foliare termina prevalentemente con un apice ottuso, raramente acuto, e con una superficie liscia o leggermente pubescente. Le 5-7 nervature (da cui il nome cinquenervia) delle foglie rimangono parallele ai margini, convergendo verso l’apice.

L’infiorescenza assume la forma di una spiga (da 1 a 20 per pianta), con colorazioni che spaziano dal verde al giallo ruggine. Situata all’apice dello stelo, è composta da una molteplicità di piccoli fiori ermafroditi. Ogni fiore è caratterizzato da un calice con quattro sepali ovali, leggermente uniti alla base, e una corolla membranosa e tubolare che si divide in quattro lobi estesi e cartacei. Le quattro staminali terminano in antere prominenti che si estendono oltre la corolla. Le brattee fiorali si presentano verdi sul retro.

Il frutto è una capsula di forma ovale-allungata, conosciuta come pisside o pissidio, che si apre mediante deiscenza circumscissile. Questo frutto è contenuto all’interno di calice e corolla e contiene tra 4-8 e 16-25 semi scuri, di forma ovale, dimensioni 0.4–0.8×0.8–1.5 mm e un sapore leggermente amaro.

Raccolta

Le foglie della piantaggine si raccolgono durante l’estate. Una volta pulite, vengono essiccate in luogo fresco e asciutto, lontano dalla luce diretta del sole. Per usi culinari si preferiscono le foglie più piccole, mentre per fini medicinali si possono utilizzare foglie di qualsiasi dimensione.

Modalità d’uso

La piantaggine trova impiego anche in cucina.

  • Infuso: il dosaggio varia da 3 a 5 g di foglie secche per 150 ml di acqua, da assumere da una a tre volte al giorno. Lasciare in infusione in acqua bollente per dieci minuti.
  • Tintura madre: per applicazioni topiche (es. contro le punture di vespe) si possono usare 20 gtt diluite in mezzo bicchiere d’acqua, ripetendo le applicazioni fino alla scomparsa dei sintomi. Per uso orale, 50-60 gtt fino a due volte al giorno, diluite in acqua.
  • Estratto secco: 300-500 mg al giorno, seguendo le indicazioni del medico o farmacista.

Utilizzo tradizionale

Si tratta di una pianta che molte persone conoscono solo come erbaccia, ma che è utilizzata da millenni nel trattamento di varie patologie tra cui costipazione, tosse e ferite.
Le prime testimonianze del suo uso risalgono infatti al “Materia Medica” di Dioscoride (40-90 d.C.) [1].
In Scandinavia, questa pianta è principalmente nota per le sue proprietà cicatrizzanti. Il nome comune norvegese e svedese per la P. major è “groblad”, che significa “foglie curative”. Era già usata dai vichinghi per guarire le ferite.
La piantaggine è oggi usata per curare malattie della pelle, malattie infettive, problemi digestivi e respiratori, disturbi dell’apparato riproduttivo, problemi circolatori, come antitumorale, analgesico e antipiretico [3].
Le foglie sono usate anche per via delle proprietà antistaminiche dei loro componenti. La tintura madre è consigliata per trattare le punture di vespe [16].

Ricerca scientifica

Attività cicatrizzante

Una review del 2021 non ha trovato evidenze sull’efficacia in vivo della piantaggine sulla cicatrizzazione delle ferite [4].
Nel 2022 è invece stato pubblicato uno studio clinico, che ha esaminato l’efficacia dell’estratto idroalcolico di foglie di Plantago major nella guarigione delle ulcere del piede diabetico e delle piaghe da decubito. 94 pazienti sono stati divisi casualmente in gruppi di trattamento (50) e controllo (44). Il gel topico al 10% di estratto di piantaggine è stato applicato sulle ferite del gruppo di trattamento una volta al giorno per due settimane. Risultati significativamente migliori sono stati osservati nel gruppo trattato con il gel di piantaggine rispetto al gruppo di controllo, con una riduzione maggiore della dimensione delle ferite e un numero più elevato di guarigioni complete [5].
Uno studio caso controllo ha confrontato l’effetto terapeutico dell’estratto di piantaggine con quello della sulfadiazina al 1% nel trattamento delle ustioni di secondo grado, rivelando che l’unguento a base di Plantago major potrebbe offrire vantaggi significativi. Nonostante i tempi di guarigione completi siano risultati simili, i pazienti trattati con l’estratto di piantaggine hanno mostrato una minore incidenza di infezioni secondarie e una riduzione del dolore più marcata rispetto al gruppo trattato con il farmaco, suggerendo un potenziale miglioramento nella qualità del trattamento e nel comfort del paziente [19].

Attività antimicrobica

Glicosidi fenilpropanoidi e plantamajoside presenti in Plantago major hanno mostrato in vitro potenziale antibatterico, in particolare nei confronti di E. coli e S. aureus.
Un estratto etanolico delle foglie a varie concentrazioni ha invece mostrato una potenziale attività antibatterica nei confronti di P. aeruginosa, un batterio che ha una notevole resistenza agli antibiotici, mentre L. monocytogenes è risultato sensibile all’estratto acquoso dei semi, ma non agli estratti alcolici.
Un altro studio in vitro ha mostrato una potenziale efficacia degli estratti di piantaggine ottenuti con diverse tecniche di estrazione contro vari batteri, funghi e muffe, indicando che gli estratti idroalcolici delle foglie sono possono risultare efficaci contro i lieviti. Le potenziali proprietà antibatteriche di P. major sono da attribuire alla presenza di flavonoidi, fenoli, tannini e terpenoidi, che agiscono sinergicamente per alterare la membrana cellulare dei batteri, causando cambiamenti strutturali e la morte cellulare [6, 7, 8, 9, 10].

Attività antivirale

L’estratto acquoso della pianta di Plantago major ha mostrato in vitro una leggera attività antivirale contro il virus dell’herpes, mentre alcuni composti puri derivati dalla stessa pianta hanno mostrato un’efficacia notevole contro vari virus, inclusi l’herpesvirus (HSV-1, HSV-2) e adenovirus (ADV-3, ADV-8, ADV-11). In particolare, l’acido caffeico si rivela molto efficace contro HSV-1, HSV-2 e ADV-3, con un’attività massima osservata nelle fasi iniziali dopo l’infezione. Anche l’acido clorogenico mostra un’ottima attività contro ADV-11. Questi composti fenolici sono studiati per la loro capacità di interferire nella replicazione del virus, piuttosto che nell’assorbimento virale [11].

Inoltre, il verbascoside, un glicoside fenilpropanoide isolato dai semi di P. major, ha mostrato di influenzare lo sviluppo morfologico di alcuni funghi patogeni, impedendone la crescita a basse concentrazioni, ma non agisce contro altri funghi specifici [12]. Gli estratti alcolici di questa pianta, a concentrazioni elevate, esibiscono potenziali proprietà antimicotiche, influenzando la crescita di diversi ceppi fungini [13, 14].

Attività nefroprotettiva

Uno studio in vivo ha esaminato l’attività nefroprotettiva dell’estratto di piantaggine in ratti sottoposti a trattamento con cisplatino, un noto agente chemioterapico. I ratti sono stati suddivisi in diversi gruppi: uno ha ricevuto solo cisplatino, mentre altri gruppi, trattati con l’estratto di piantaggine, hanno evidenziato miglioramenti significativi nei livelli di urea, creatinina e potassio, accompagnati da un aumento dei livelli di sodio. Questi cambiamenti suggeriscono un recupero della funzionalità renale [20].

Attività antinfiammatoria e antiossidante

L’estratto delle foglie di piantaggine, in uno studio in vivo su ratti affetti da colite ulcerosa, ha ridotto significativamente i danni alla mucosa intestinale. L’attività antinfiammatoria emersa da questo studio è dose-dipendente. Inoltre, l’estratto ha mostrato proprietà antiossidanti che contribuiscono a ridurre ulteriormente l’infiammazione e il danno tissutale [21].
Un altro studio in vivo è stato condotto su ratti con edema alle zampe e artrite reumatoide. Agli animali è stato somministrato un estratto (macerato) di diclorometano, un tipo di solvente.
I processi infiammatori si sono ridotti con risultati confrontabili a quelli del farmaco diclofenac [22].

Attività epatoprotettiva

Ricerche condotte su modelli animali hanno evidenziato che un estratto di P. major è capace di contrastare il danno epatico nei ratti. Questo estratto ha dimostrato di ridurre significativamente i livelli sierici di enzimi epatici quali ALT, AST, ALP e GGT, indicativi di lesioni epatiche. Ha inoltre incrementato i livelli di proteine totali e albumina nel siero e ridotto la perossidazione lipidica, sottolineando così il suo potenziale epatoprotettivo [23].

Avvertenze e controindicazioni

In letteratura non sono segnalati effetti collaterali [17]. Può interagire con farmaci lassativi e ipotensivi potenziandone gli effetti [18].
L’assunzione di piantaggine è controindicata in caso di ipersensibilità verso uno o più componenti, in caso di gravidanza e allattamento, e in periodo pre-operatorio.

Riferimenti

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  2. Jonsson, S. (1983). Blomsterboken. Markens urter, lyng og trær. Teknologisk Forlag.
  3. Samuelsen A. B. (2000). The traditional uses, chemical constituents and biological activities of Plantago major L. A review. Journal of ethnopharmacology, 71(1-2), 1–21. https://doi.org/10.1016/s0378-8741(00)00212-9
  4. Cardoso FCI, Breder JC, Apolinário PP, Oliveia HC, Saidel MGB, Dini AP, Oliveira-Kumakura AR, Lima MHM. The Effect of Plantago major on Wound Healing in Preclinical Studies: A Systematic Review. Wound Manag Prev. 2021 Jan;67(1):27-34. PMID: 33448940.
  5. Ghanadian M, Soltani R, Homayouni A, Khorvash F, Jouabadi SM, Abdollahzadeh M. The Effect of Plantago major Hydroalcoholic Extract on the Healing of Diabetic Foot and Pressure Ulcers: A Randomized Open-Label Controlled Clinical Trial. Int J Low Extrem Wounds. 2022 Jan 19:15347346211070723. doi: 10.1177/15347346211070723. Epub ahead of print. PMID: 35044254.
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