Articolo pubblicato il 17 aprile 2023
Di: Redazione di Wikiherbalist

La farmacognosia ha radici profonde che risalgono alla preistoria. Si ritiene che i prati e i boschi fossero le prime “farmacie” per gli esseri umani primitivi, che impararono presto a riconoscere le piante con proprietà curative (medicina istintiva). L’uomo primitivo identificò alcune piante tossiche (come il curaro, il veratro e la belladonna) e imparò ad utilizzarle per cacciare, mentre contemporaneamente scoprì che alcune piante avevano proprietà curative (come l’oppio, la china, il guaiaco e il giusquiamo).
I primi documenti scritti che descrivono malattie e rimedi includono il Papiro di Edwin Smith, che risale al 1600 a.C. circa, e il Papiro di Ebers, risalente al 1550 a.C., entrambi provenienti dall’antico Egitto. Gli erbari cinesi come il Pen Ts’ao, che si ipotizza sia stato scritto tra il 300 a.C. e il 200 d.C., descrivevano circa 365 droghe vegetali. Questo testo era composto di tre volumi e conteneva conoscenze erboristiche che si dice siano state tramandate da bocca a orecchio direttamente dal leggendario imperatore Shen Nung vissuto, secondo alcuni, attorno al 2800 a.C.
In Oriente, i testi indiani Ayurveda (500 a.C. – 200 a.C.) e Atharvaveda (1500 a.C. – 1000 a.C.) contenevano informazioni sulle piante medicinali e le loro applicazioni. Le tavolette assire di Assurbanipal, risalenti al 650 a.C. circa, contengono informazioni mediche, tra cui descrizioni di piante medicinali e le loro applicazioni terapeutiche. Queste tavolette forniscono una preziosa testimonianza delle conoscenze mediche e farmacologiche dell’antica Mesopotamia.
Nell’antica Grecia, il medico Ippocrate (460 a.C. – 370 a.C.), spesso considerato il padre della medicina occidentale, utilizzava le erbe medicinali come parte del suo approccio olistico alla cura dei pazienti. Con lui si ebbe un primo distacco tra la scienza medica e la terapia magica [1]. Il Corpus Hippocraticum sistematizza le regole per raccogliere e preparare i rimedi vegetali, inclusi belladonna, oppio e menta, e classifica le piante in base all’effetto e alla modalità di utilizzo per la formulazione di vari medicamenti come unguenti, impacchi, frizioni e clisteri.
Il suo allievo, Dioscoride, autore del “De Materia Medica”, codificò l’uso di oltre 600 piante medicinali nel I secolo d.C.
Claudio Galeno (129- circa 216 d.C.), medico e filosofo romano di origini greche, ha dato un contributo fondamentale alla farmacognosia. Grazie ai suoi trattati sulle erbe officinali, Galeno è considerato uno dei padri della medicina. Le sue teorie sul dosaggio e la proporzione nelle ricette mediche hanno gettato le basi per la farmacia moderna e la farmacologia. Ancora oggi, i “preparati galenici”, prodotti farmaceutici a base di erbe, testimoniano l’influenza delle sue scoperte nel campo della farmacognosia.
A partire dall’inizio del medioevo, e probabilmente grazie al Concilio di Orleans del 511 d.C., che prevedeva l’accoglienza, l’assistenza e l’ospitalità per i malati e che di fatto introdusse l’assistenza ospedaliera, i monaci svolsero un ruolo cruciale nel preservare e sviluppare le conoscenze erboristiche. Nei monasteri, si coltivavano e studiavano le piante medicinali, e si tramandavano le loro scoperte attraverso manoscritti ed erbari.
In questo periodo le piante rappresentavano la migliore medicina esistente e la loro capacità terapeutica era considerata divina. Lo dimostra un’invocazione alle erbe nota con il nome di “Precatio omnium herbarum“, ritrovata in diversi antichi manoscritti (il più antico è del VI secolo d.C.) la cui traduzione in italiano è:
O erbe potenti, ora a tutte voi rivolgo la mia preghiera!
Imploro la vostra autorità, voi che la Madre Terra
ha generato e ha offerto in dono all’umanità:
ha riunito in voi i rimedi e i poteri curativi,
affinché siate sempre utilissimo aiuto
per l’intero genere umano.
Di ciò vi supplico e prego: venite,
avvicinatevi più rapidamente con le vostre virtù,
poiché Lei, che vi ha creato, mi ha concesso
di raccogliervi; è inoltre propizio colui al quale
l’arte medica è stata affidata. E nella misura in cui
la vostra virtù ne ha il potere, assicurate il rimedio
che giovi alla salute. Vi prego che mi facciate grazia
per la vostra forza, affinché in ogni situazione,
qualunque atto avrò compiuto nel vostro nome,
a chiunque vi avrò somministrato, garantiate successo
e rapido effetto. Che sempre mi sia lecito,
col favore della vostra autorità,
raccogliervi…
vi farò offerta dei prodotti della terra e vi renderò grazie
nel nome della Madre che stabilì che foste generate.
Uno degli esempi più significativi di manoscritti tramandati dai monaci è il Codex Casinensis (IX-X secolo), conservato nell’Abbazia di Montecassino, che contiene trattati sulla medicina e sulla botanica, tra cui l’opera “De viribus herbarum” di Umberto di Montecassino (XI secolo).
Un altro esempio è l’erbario dell’abate benedettino Walahfrid Strabo (808-849), intitolato “Hortulus”, che descrive le proprietà curative di 24 piante coltivate nell’orto del monastero di Reichenau, in Germania.
Parallelamente al progresso nei monasteri europei, le scuole mediche arabe svolsero un ruolo cruciale nel far avanzare lo studio delle piante medicinali. Medici e scienziati arabi, come Avicenna (980-1037) e Al-Razi (865-925), tradussero e ampliarono le conoscenze sulla medicina greca, arricchendo il patrimonio di informazioni sulle sostanze naturali utilizzate in terapia.
Contemporaneamente, la Scuola Salernitana (XI-XIII secolo) in Italia divenne un importante centro di medicina e studio delle piante mediche in Europa. Caratterizzata dall’integrazione di saperi da diverse culture, tra cui araba, greca e latina, la Scuola Salernitana si distinse per l’attenzione all’uso di erbe nella pratica medica e per la traduzione e diffusione di testi fondamentali come il “De Materia Medica” di Dioscoride. Alla scuola salernitana si deve anche l’Antidotarium Nicolai, probabilmente scritto nella prima metà del XII secolo, un antico testo medico scritto da un autore anonimo. Considerato uno dei testi medici più rappresentativi dell’alto medioevo era di fatto un’enciclopedia medica per la preparazione di farmaci e rimedi naturali e descriveva centinaia di sostanze naturali in dettaglio, con informazioni sulla loro preparazione, posologia e uso terapeutico.
Ibn El Beithar (1197-1248), un botanico e medico arabo-andaluso scrisse il Compendio dei medicamenti semplici e degli alimenti, un’enciclopedia alfabetica che contava 1400 voci tra piante, alimenti e spezie. L’enciclopedia includeva commenti e riassunti di autori precedenti (principalmente Dioscoride e Avicenna) e dettagli chimici sulla produzione di oli essenziali e sciroppi.
Nel Rinascimento, Paracelso (1493-1541) introdusse il concetto di “signatura” e promosse l’uso di medicamenti chimici (zolfo, mercurio, piombo, arsenico, zinco, antimonio..). Contemporaneamente, nuove piante provenienti dalle Americhe furono introdotte in Europa, ampliando le conoscenze sulla farmacognosia.
Il XVIII e il XIX secolo segnarono un’epoca di progresso nella comprensione delle piante medicinali e delle loro proprietà curative. L’avvento della chimica organica permise agli scienziati di iniziare a isolare e identificare i principi attivi delle piante, aprendo la strada alla nascita della farmacologia moderna.
Carl von Linné (1707-1778), naturalista svedese, rivoluzionò il campo della farmacognosia con la sua opera “Systema Plantarum” (1735). La classificazione delle piante e la nomenclatura proposta da “Linneo”, ancora oggi utilizzata, permisero di organizzare e sviluppare ulteriormente la farmacognosia.
Nel 1805, il farmacista tedesco Friedrich Sertürner isolò per la prima volta la morfina dall’oppio, dimostrando l’importanza dei principi attivi nelle piante medicinali. Questo fu un momento cruciale nella storia della farmacognosia, perché portò alla scoperta di altre sostanze attive e al loro uso nella medicina. Nel corso del XIX secolo furono inoltre isolate la stricnina (1817), la chinina e la caffeina (1820), la nicotina (1828), l’atropina (1833), la cocaina (1855), la digitalina (1868) e l’efedrina (1887).
Charles Darwin (1809-1882), naturalista e biologo inglese, influenzò indirettamente la farmacognosia attraverso i suoi studi sulla botanica e l’evoluzione. Sebbene non si sia focalizzato sulle piante medicinali, il suo lavoro ha contribuito alla comprensione delle interazioni tra piante e organismi, fornendo una base per ulteriori ricerche e scoperte nel campo delle piante e delle loro proprietà terapeutiche.
Henri Leclerc (1870-1955), medico francese e pioniere nella fitoterapia moderna, è noto per il suo significativo contributo alla scienza medica attraverso l’uso delle piante medicinali. I suoi lavori furono in gran parte divulgati tramite la rivista “La Presse médicale“, periodico francese leader nel campo medico. Le conoscenze e ricerche di Leclerc sono state raccolte nel libro pubblicato postumo “Lineamenti di fitoterapia” edizioni Aporie, che è divenuto un testo classico nel campo. Qui compare per la prima volta il termine fitoterapia.
La fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo furono testimoni di ulteriori scoperte nel campo della farmacognosia. Ad esempio, nel 1928, il biologo scozzese Alexander Fleming scoprì la penicillina, il primo antibiotico della storia. Questa scoperta rivoluzionò la medicina, salvando innumerevoli vite umane grazie alla sua capacità di combattere le infezioni batteriche.
Oggi sappiamo che ci sono circa 800.000 piante in natura, molte con un utilizzo agro alimentare o medicinale sia in erboristeria sia in farmacia. La farmacognosia continua ad evolversi grazie alla ricerca scientifica sull’azione delle piante medicinali e dei loro principi attivi che è divulgata anche attraverso risorse come WikiHerbalist. Nonostante rispetto al passato la chimica abbia preso il sopravvento nel campo farmacologico, una notevole quantità di farmaci attualmente in uso ha origine naturale o deriva da molecole di origine vegetale tramite processi di emisintesi.
Di seguito sono riportate le principali opere suddivise per area geografica e in ordine cronologico, è importante notare che, data l’immensa quantità di conoscenze e di testi scritti sull’argomento nel corso della storia, questa lista non può essere considerata esaustiva. Potrebbero esserci altri testi importanti e rilevanti che non sono stati riportati.
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