Fitochimica
I principali costituenti chimici dell’Harpagophytum procumbens sono:
- Iridoidi: arpagoside, arpagide, procumbide, procumboside, 8-O-p-cumaroilarpagide, 6-O-p-cumaroilprocumbide
- Arpagochinoni
- Amminoacidi
- Flavonoidi
- Fitosteroli
- Carboidrati
Tra tutti, l’arpagoside è ritenuto il principio attivo maggiormente responsabile delle attività antinfiammatorie e analgesiche. I flavonoidi e i fitosteroli contribuiscono inoltre con effetti antiossidanti e di modulazione del sistema immunitario.
Botanica
Pianta erbacea perenne, con foglie lobate-opposte di colore verde-blu. Hanno grandi fiori solitari con corolla a tubo giallo che si apre in lobi di colore rosso violaceo.
I frutti sono capsule legnose portanti escrescenze acute con spine curve e taglienti.
È una pianta strisciante il cui fusto esce durante le prime piogge e muore durante l’inverno.
Il fusto cresce a partire da un tubero primario che si estende per due metri di profondità e dal quale partono alcuni tuberi secondari della lunghezza di circa 25 cm e spessi 6 cm.
La specie è diffusa in Sud Africa, in particolare nell’ex provincia Transvaal, ma anche in Namibia (maggior produttore) e Botswana. Cresce in suoli ricchi di ossidi di ferro, nelle zone semidesertiche della Savana.
Durante la raccolta a fini commerciali, capita di raccogliere anche l’Harpagophytum zeyheri, considerata meno efficace rispetto alla prima a causa della minor concentrazione di principi attivi nella radice e in particolare di arpagoside. Tuttavia, le differenze tra le due specie richiedono analisi fitochimiche per una distinzione certa.
Per distinguere le due specie si fa riferimento al fatto che nei frutti dell’H. procumbens ci sono 4 file di semi, mentre nell’H. zeyheri solamente 2, anche se tale distinzione non è significativa a causa di possibili varietà nelle specie.
Si possono prendere in considerazione anche i frutti, che nel caso della prima pianta sono più grandi e con “braccia” più lunghe.
A seguito della raccolta risulta comunque impossibile distinguere le due specie, se non con analisi chimiche di comparazione dei metaboliti presenti.
Raccolta
I tre maggiori produttori di H. procumbens raccolto in natura sono Namibia, Botswana e Sud Africa. Per dare un’idea dei numeri, ne sono state raccolte circa 3.504.060 nella stagione 2003/2004.
La semina avviene in primavera. Predilige terreni sabbiosi.
Modalità d’uso
- Infuso: da assumere 3 volte al giorno, lasciando in infusione 5 g di radice essiccata in 500 ml di acqua calda per almeno 8 ore (macerazione a freddo consigliata):
- Estratto secco: estratto etanolico secco (90% v/v) per 3 volte al giorno (standardizzato all’arpagoside all’80%; da 300 a 600 mg)
Utilizzo tradizionale
L’Harpagophytum procumbens ha una storia antica di molteplici usi indigeni ed è una delle medicine tradizionali indigene africane più commercializzate, con esportazioni di massa principalmente verso l’Europa dove viene trasformato in un gran numero di prodotti sanitari come tè, compresse, capsule e gel e cerotti topici.
Sebbene infusi e decotti siano i metodi tradizionali di preparazione più importanti, i presunti principi attivi principali della pianta sono soggetti a idrolisi, suggerendo che potrebbero essere profarmaci, con implicazioni per lo sviluppo di formulazioni adeguate. Nel caso dell’arpagide e dell’arpagoside, uno studio ha rivelato l’attività antinfiammatoria solo dopo che si è verificata l’idrolisi (Zhang et al., 2011).
Le indagini sulle attività biologiche dell’H. procumbens hanno fornito supporto scientifico per molti degli usi tradizionali, tra cui febbre, dolore, artrite, malaria, diabete, travaglio e convulsioni. Le revisioni degli studi clinici su H. procumbens [1, 4] forniscono prove convergenti a sostegno della sicurezza relativa ai farmaci antinfiammatori non steroidei e dell’efficacia nel trattamento del dolore e dell’infiammazione nell’artrite e mal di schiena. Tuttavia, la qualità metodologica di molti degli studi clinici esistenti è scarsa e sono necessarie ulteriori indagini cliniche di alta qualità su prodotti standardizzati e caratterizzati per fornire prove cliniche definitive di sicurezza ed efficacia.
Negli oltre 100 anni trascorsi dalla prima descrizione etnobotanica da parte di G.H. Mehnert, l’Harpagophytum procumbens è diventato un’importante merce africana nel commercio internazionale e contribuisce alla salute e al benessere delle persone a migliaia di chilometri dal suo habitat originale nelle sabbie del Kalahari nel sud Africa. La tecnologia moderna e la ricerca scientifica e medica, tra cui la chimica analitica, la biologia molecolare, la farmaceutica e gli studi clinici, stanno convalidando molti degli usi indigeni della pianta.
Ricerca scientifica
Ad oggi viene impiegato come analgesico, antinfiammatorio e antireumatico, ed è utilizzato per trattare l’artrite reumatoide, l’osteoartrite, l’artrosi e altre malattie di questo genere.
La letteratura indica una dose minima efficace di 30 mg/die di arpagoside come estratto etanolico (dose ottimale di 60 mg/die) per il dolore cronico oppure 100 mg/die come estratto acquoso.
Alcuni studi hanno indicato che un dosaggio di 60 mg/die di arpagoside potrebbe fornire effetti simili a 12,5 mg/die di Rofecoxib (Vioxx®), un farmaco antinfiammatorio non steroideo ritirato dal commercio nel 2004 per cardiotossicità [2].
Lo studio relativo al paragone con il Vioxx® risulta però poco significativo, in quanto svolto solamente su 88 persone.
Incidenza di effetti avversi gastrointestinali dell’8%.
Un piccolo studio del 1992 che ha coinvolto 34 persone divise in due gruppi: uno con placebo e il secondo con 4 capsule giornaliere di 500 mg di polvere di H. procumbens (contenenti il 3% di glucoiridoidi). Lo scopo era valutare, attraverso delle analisi del sangue, la presenza dei mediatori dell’infiammazione. Dopo 3 settimane non ci sono state differenze significative tra i 2 gruppi.
In uno studio del 1996 di 4 settimane con 315 partecipanti, si è vista una diminuzione del dolore crescente nel corso delle 4 settimane rispetto al placebo. Il consumo di Tramadol, un antidolorifico, è sceso, ma non in maniera statisticamente significativa.
In uno studio del 2000 (Efficacy and tolerance of Harpagophytum procumbens versus diacerhein in treatment of osteoarthritis) si è confrontata l’efficacia dell’estratto di artiglio del diavolo con la diacereina, un farmaco inibitore dell’interleuchina-1 usato abitualmente per l’osteoartrite. Sono state coinvolte 122 persone affette da osteoartrite e non si è osservata una differenza significativa tra i 2 farmaci, se non una riduzione degli effetti avversi (principalmente diarrea) con l’artiglio del diavolo.
Nonostante sia conosciuta in europa dal 1800, ci sono pochi studi a riguardo, in più nello studio (The Fight against Infection and Pain: Devil’s Claw (Harpagophytum procumbens) a Rich Source of Anti-Inflammatory Activity: 2011-2022) si segnala una diminuzione delle ricerche su questa pianta a partire dagli anni 2000, il che non contribuisce al progredire delle conoscenze e/o smentite sull’uso dell’artiglio del diavolo.
Avvertenze e controindicazioni
Da non utilizzare con pazienti che presentano ulcera gastrica o duodenale a causa delle sue proprietà tonico amare. Possibile ipersensibilità con rush cutaneo o edema facciale.
Aumento della secrezione cloridro-peptica dello stomaco con possibile gastrolesività.
Attenzione in caso di cosomministrazione con fans, antiaggreganti e anticoagulanti.
Si segnala:
- Influenza del trasporto di farmaci legati alla P-glicoproteina
- Possibile riduzione dell’attività degli antidepressivi
- Inibizione del citocromo 2C9 e 2E1, con conseguenti modificazioni nel metabolismo di altri farmaci
Riferimenti
- Gagnier, J. J., van Tulder, M. W., Berman, B., & Bombardier, C. (2007). Herbal medicine for low back pain: a Cochrane review. Spine (Phila Pa 1976), 32(1), 82-92. doi: 10.1097/01.brs.0000249525.70011.fe. Erratum in: Spine, 32(17), 1931. PMID: 17202897.
- Chrubasik, S., Model, A., Black, A., & Pollak, S. (2003). A randomized double-blind pilot study comparing Doloteffin and Vioxx in the treatment of low back pain. Rheumatology (Oxford), 42(1), 141-148. doi: 10.1093/rheumatology/keg053. PMID: 12509627.
- Di Lorenzo, C., Dell’Agli, M., Badea, M., Dima, L., Colombo, E., Sangiovanni, E., Restani, P., & Bosisio, E. (2013). Plant food supplements with anti-inflammatory properties: a systematic review (II). Crit Rev Food Sci Nutr, 53(5), 507-516. doi: 10.1080/10408398.2012.691916. PMID: 23391017.
- Oltean, H., Robbins, C., van Tulder, M. W., Berman, B. M., Bombardier, C., & Gagnier, J. J. (2014). Herbal medicine for low-back pain. Cochrane Database Syst Rev, 2014(12), CD004504. doi: 10.1002/14651858.CD004504.pub4. PMID: 25536022; PMCID: PMC7197042.
- Gxaba, N., & Manganyi, M. C. (2022). The fight against infection and pain: Devil’s claw (Harpagophytum procumbens) a rich source of anti-inflammatory activity: 2011-2022. Molecules, 27(11), 3637. doi: 10.3390/molecules27113637. PMID: 35684573; PMCID: PMC9182060.
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- González-Gross, M., Quesada-González, C., Rueda, J., Sillero-Quintana, M., Issaly, N., Díaz, A. E., Gesteiro, E., Escobar-Toledo, D., Torres-Peralta, R., Roller, M., & Guadalupe-Grau, A. (2021). Analysis of effectiveness of a supplement combining Harpagophytum procumbens, Zingiber officinale and Bixa orellana in healthy recreational runners with self-reported knee pain: a pilot, randomized, triple-blind, placebo-controlled trial. Int J Environ Res Public Health, 18(11), 5538. doi: 10.3390/ijerph18115538. PMID: 34067240; PMCID: PMC8196851.
- Moussard, C., Alber, D., Toubin, M. M., Thevenon, N., & Henry, J. C. (1992). A drug used in traditional medicine, Harpagophytum procumbens: no evidence for NSAID-like effect on whole blood eicosanoid production in human. Prostaglandins Leukot Essent Fatty Acids, 46(4), 283-286. doi: 10.1016/0952-3278(92)90036-i. PMID: 1409765.
- Chantre, P., Cappelaere, A., Leblan, D., Guedon, D., Vandermander, J., & Fournie, B. (2000). Efficacy and tolerance of Harpagophytum procumbens versus diacerhein in treatment of osteoarthritis. Phytomedicine, 7(3), 177-183. doi: 10.1016/S0944-7113(00)80001-X. PMID: 11185727.
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